Arunachalam Muruganantham un giorno verso la fine degli anni novanta si accorge che sua moglie, Shanti, raccoglie stracci e giornali vecchi da usare per proteggersi durante il ciclo. Perché gli assorbenti costano, molte ragazze non sanno nemmeno cosa siano, e in ogni caso non potrebbero permetterseli. Allora usano i primi pezzi di stoffa che trovano, magari vestiti vecchi, usati, ma non sanno che dovrebbero usare solo panni puliti, e corrono il rischio di infezioni.
Siamo in India, dove ancora oggi le donne quando hanno le mestruazioni sono considerate impure, quindi non possono andare al tempio, e nemmeno a scuola, perché non sanno come fare a non macchiarsi. Ci provano, vanno a scuola fino alle medie, poi iniziano le difficoltà, i troppi innumerevoli problemi pratici, e alla fine rinunciano allo studio.
Muruganantham, scoperto il disagio della moglie, non fa finta di non vedere questi “problemi da donna”. E inizia a cercare il modo per produrre assorbenti artigianali, di cotone. Non è facile.
Passa il tempo e lui continua a sperimentare, finché un giorno nel 2006 riesce a costruire una macchina rudimentale con la quale macinare, pressare e sterilizzare la cellulosa per farne poi degli assorbenti. Semplici, artigianali ma efficaci e soprattutto economici. Non solo in questo modo aiuta le donne più povere a liberarsi dal disagio, migliorando le loro condizioni igieniche, ma donando i macchinari a piccoli gruppi di donne nell’India più povera e rurale, riesce a creare lavoro, e quindi dignità e rispetto per donne relegate ai margini della società.
Nel documentario “Period. End of sentence.”, la regista Rayka Zehtabchi segue l’esperienza di Hapur, un villaggio non troppo distante da Nuova Delhi, dove grazie a un progetto di Action Aid, alla macchina “magica” di Muruganantham e all’intraprendenza e alla consapevolezza di un gruppo di donne, si scatena una piccola rivoluzione destinata a cambiare in meglio la vita di tante persone.
Sfidando pregiudizi false credenze e ignoranza, queste donne non solo producono e vendono assorbenti a basso costo (ma di buona qualità), ma soprattutto cercano di creare consapevolezza, andando a parlare con le ragazze più giovani, per spiegare regole igieniche e vantaggi degli assorbenti.
“So cosa sono, li vediamo in televisione ma non possiamo permetterceli”; “Ho sentito dire che con gli assorbenti possiamo andare dappertutto”. Così dicono alcune ragazze intervistate.
Un assorbente può cambiare la vita? Sì. Perché non solo saranno più comode, ma anche più libere.
E questo vale ovunque. Perché gli assorbenti costano, e sono un indicatore del crescente divario economico sociale che traccia un solco per troppe persone, anche qui da noi. Esiste la cosiddetta “povertà da ciclo”, cioè l’impossibilità economica di potersi garantire un’igiene adeguata durante quando arrivano le mestruazioni.
E parlare del ciclo senza vergogna e senza stigma è parlare di diritti umani.
A cura della farfalla della gentilezza
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