Chiudere le frontiere in certi casi equivale a uccidere. Ribellarsi a chi chiude le frontiere è un atto di umanità e giustizia.
Deve aver pensato questo Paul Grüninger, capitano della polizia di San Gallo in Svizzera, nel lontano 1938. Il suo compito era controllare il confine con l’Austria e rimandare indietro chi provava a superarlo illegalmente: dopo l’occupazione nazista dell’Austria, infatti, moltissimi ebrei cercavano di fuggire nella Svizzera neutrale sperando di salvarsi, scappando a piedi, o a nuoto attraverso il lago di Costanza. Ma il governo svizzero non li voleva, pur sapendo la sorte che li attendeva in Austria. Questo voleva dire condannare migliaia di persone.
Paul Grüninger non voleva essere complice di questo abominio, e provò a battersi per lasciare aperte le frontiere. Ci sono i verbali dei suoi interventi alla conferenza dei direttori cantonali di polizia del 17 agosto 1938: «Respingere i profughi non va bene, anche solo per considerazioni umanitarie. Dobbiamo lasciarne entrare molti». Ma il suo appello venne ignorato, e la Svizzera chiuse i suoi confini agli ebrei austriaci.
Però, a differenza dei tanti che in quegli anni si limitavano a dire “obbedivo agli ordini” per tacitare la propria coscienza e autoassolversi, Paul Grüninger decise di disobbedire a una burocrazia assassina e a regole crudeli, per salvare vite umane.
Non solo chiuse gli occhi per lasciar attraversare il confine a chi era in fuga dalla guerra, ma si adoperò in prima persona per procurare documenti falsi, visti contraffatti o retrodatati. Non si sa quante persone abbia salvato esattamente, centinaia, forse migliaia. Alcune fonti dicono circa 3000.
Probabilmente non faceva tutto da solo, ma lui si assunse tutta la responsabilità delle sue azioni quando fu scoperto nel 1939.
E non se la cavò con poco: fu prima sospeso, poi licenziato, privato della pensione e condannato per abuso d’ufficio e falsificazione dei documenti. Non solo: fu interdetto dai pubblici uffici, screditato e isolato. Additato come un traditore della patria, non fu facile per lui trovare una nuova occupazione, se non lavori saltuari e precari.
La sua storia però a un certo punto venne fuori, grazie alla testimonianza dei tanti ebrei da lui salvati, e nel 1971 Paul Grüninger fu riconosciuto come Giusto tra le Nazioni.
Ma nonostante questo, Paul Grüninger morirà nel 1972 senza essere ancora riabilitato in Svizzera.
Ci vorranno ancora anni, un’inchiesta e un libro, scritto da Stephan Keller ("Reato di umanità: il caso Grüninger",non ancora tradotto in italiano) nel 1993 per far finalmente riabilitare la figura di Paul Grüninger in Svizzera, e riconoscere pubblicamente il suo coraggio e altruismo.
Solo nel 1995 verrà annullata la condanna penale, condanna della quale lui non si vergognò mai:
“Al contrario, sono orgoglioso di aver salvato la vita di centinaia di persone oppresse. L' aiuto agli ebrei era radicato nella mia concezione di cristiano (…). Il mio personale benessere, commisurato al crudele destino di quelle migliaia di perseguitati, era così insignificante e così poco importante, che non lo ho mai preso in considerazione”.
A cura della farfalla della gentilezza
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