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Mari Copeny quando aveva solo 8 anni si rese conto che non si è mai troppo piccoli per provare a risolvere un problema.
E il suo problema era molto grande, un problema che in realtà non era solo suo, ma riguardava circa centomila persone, praticamente tutta Flint, la sua città, nel Michigan. Perché l’acqua che usciva dal rubinetto delle loro case, che loro usavano per bere, cucinare, lavarsi, era inquinata dal piombo. Acqua tossica, con effetti gravi sulla salute.
Un problema enorme, considerando che erano stati rilevati contenuti anomali di piombo nel sangue di molti bambini…
I residenti protestano, organizzano marce, chiedono attenzione, ma soprattutto sollecitano una soluzione urgente. Che per anni non arriva. Forse perché Flint è una cittadina povera, gli abitanti sono quasi tutti neri? Forse sarebbe stato diverso se la crisi idrica si fosse presentata in una città ricca e bianca? Non esisterà mica anche un razzismo ambientale? Forse sì… non è un caso che negli Stati Uniti spesso le popolazioni di colore vengano relegate nelle zone più inquinate, emarginate e difficili.
Mari Copeny però nonostante i suoi otto anni vuole fare qualcosa, vuole che qualcuno si occupi del suo problema. Scrive una lettera a Obama a nome di tutti i bambini di Flint per chiedere un incontro a Washington. Obama non concede l’incontro, ma si reca personalmente a Flint, per verificare la gravità della situazione. E la situazione è molto grave. Per questo stanzierà 100 milioni di dollari per affrontare l’emergenza idrica.
Oggi però il problema dell’acqua di Flint non è ancora risolto, la pandemia ha rallentato i lavori di sostituzione delle vecchissime tubature della città, ma almeno è stato riconosciuto a chiunque abbia vissuto a Flint tra il 2014 e il 2016 un risarcimento in denaro. Chiaramente non è abbastanza.
Per questo Mari non si è fermata con la sua battaglia ambientalista. Forse perché è giovane, idealista e combattiva, ma in ogni caso lei vuole continuare a lottare per provare a cambiare le cose.
Oggi ha 14 anni e le idee chiarissime: ha lanciato l’hashtag #WednesdayForWater, per attirare l’attenzione sul problema della mancanza di accesso all’acqua potabile in troppi posti degli Stati Uniti. (Ma anche da noi abbiamo una situazione simile tra Verona, Vicenza e Padova, dove una falda acquifera è contaminata da PFAS, ne abbiamo parlato più volte in passato e continueremo a farlo).
Mari ha organizzato raccolte fondi per creare e produrre filtri per la depurazione. Perché la soluzione non può essere bere acqua in bottiglia per tutta la vita.
Ha lanciato altre raccolte fondi per distribuire ai bambini dei quartieri più poveri zaini e materiale scolastico. Perché spesso i genitori non hanno i soldi nemmeno per acquistare penne e matite. E se i bambini non vanno a scuola non saranno in grado di capire l’emergenza ambientale e la necessità di fare qualcosa. Mentre dei bambini che studiano forse diventeranno più consapevoli, e forse potranno aiutare Mari Copeny nella sua battaglia che è anche la nostra.
Perché Mari Copeny non vuole solo risolvere il problema della sua comunità. Mari ha capito che siamo tutti sulla stessa barca, e questa barca sta affondando, se non ci mettiamo d’impegno per invertire la rotta. E quindi vuole fare qualcosa, o almeno ci prova.
E con l’ottimismo tipico della sua età ha dichiarato: “La mia generazione sistemerà questo disastroso modo di governare”.
Speriamo abbia ragione. Anche perché non è che ci sia molto tempo!
La farfalla della gentilezza
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