di Benedetta Cosmi
"Se diventa irreale, paralizza l'unica realtà che abbiamo, cioè l'esistenza".
Un articolo su Donna Moderna di poche settimane fa riportava: "Una di queste compagnie si chiama Project December. È una start-up creata da un designer di videogiochi, Jason Rohrer, e sulla sua pagina web promette di farti parlare con chi vuoi. Incluse le persone scomparse. Josh, un giovane americano che appare nel documentario, è un cliente che chatta regolarmente con la sua ragazza del liceo, morta prima di finire la scuola per una malattia incurabile. Un'amica immaginaria. Come è possibile che ci riesca? La start up attinge a una banca dati immensa: oltre a foto, video, mail, chat, social, diari".
Molti, in qualche forma, sperimentiamo in qualche fase della nostra vita, intimamente, questa dimensione? Ci penso: no, non credo di averlo mai fatto. Non mi soddisfa sapere di ricevere le risposte che voglio se resta inconsapevole chi me le dà. È come se screditasse la fonte. Non è abbastanza consolatorio. Non c'è comunicazione...
Non c'è in molti casi, la comunicazione. Pure parlando direttamente. Ma nell'ultimo Strega di Sandro Veronesi, lui continua a scrivere senza -per un patto- dover ricevere risposta. Lei lo legge. A lui resta il dubbio e la libertà.
È un po' come quel filo che vedeva la sua bambina dietro la schiena.
Inquietante.
Senza dubbio meglio la libertà.
Cosa ci ha fatto preferire dei legami immaginari?
La paura di quelli veri o la paura della libertà?
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