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Immagine del redattoreNicoló Santini

Il passato non si cancella

Oggi parliamo di Isabella. Di Isabella Baumfree che decise di cambiare nome e diventare Sojourney Truth. Forse perché cambiando nome poteva cambiare pelle, storia e passato. O magari provare a scrivere un futuro diverso. Perché non aveva avuto un bel passato. Era nata schiava nel 1797 più o meno, in una fattoria non troppo lontana da New York. Figlia di schiavi, lei non era niente di più di un oggetto, una cosa che poteva essere ereditata o venduta a seconda delle circostanze. Quando aveva nove anni venne separata dai suoi genitori per essere messa all’asta e poi acquistata da un nuovo proprietario. Per lei e per un gregge di pecore questo proprietario pagò 100 dollari, prezzo che secondo lui comprendeva il diritto di picchiare e stuprare ripetutamente la bambina. Fu venduta e comprata altre volte, fino a quando non divenne proprietà di John Dumont, che non la picchiava, ma la costrinse a sposarsi con un suo altro schiavo dal quale ebbe cinque bambini. Isabella sognava la libertà, nello Stato di New York si stava discutendo sull’abolizione della schiavitù e ormai sperare di essere liberi non era più così assurdo. Ma Dumont prima promette, poi nega la libertà, così nel 1826 Isabella scappa, portandosi via la figlia più piccola. Però scopre che Dumont ha venduto illegalmente il figlio Peter, e allora decide di combattere in tribunale per riavere il bambino. Sarà la prima donna nera a vincere una causa contro un uomo bianco. Nel 1843 il cambio di nome: Isabella, che nel frattempo si era guadagnata da vivere lavorando come domestica, prende il nome di Sojourner Truth e diventa una predicatrice. Si unisce alle lotte abolizioniste, viaggia, partecipa a comizi e convegni, parla in pubblico, si fa notare per le sue battaglie per l’abolizione della schiavitù, per i diritti delle donne, contro la pena di morte. Cambiando nome, Isabella scrive nuovi capitoli della sua vita. Isabella-Sojourner Truth vuole imparare: non sapeva leggere ma sapeva ascoltare, e quindi amava ascoltare qualcuno che leggeva libri. Non sapeva scrivere, ma sapeva parlare, e così dettò le sue memorie che nel 1850 furono pubblicate per finanziare il suo attivismo. Non era andata a scuola, ma i suoi discorsi erano capolavori di arte oratoria: “Noi avremo i nostri diritti, vedrete se li avremo. E non potete impedircelo, vedrete se potrete”. “Date alle donne quello che appartiene alle donne (i loro diritti); ve lo chiedono anche gentilmente”.

E gentilmente, ma fermamente, Sojourner Truth ha combattuto tutta la vita (morirà nel 1883) per chi "inspiegabilmente", continuava ad avere meno diritti.


a cura della farfalla della gentilezza


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