Il bonus non è bene comune.
L'estate è bene comune quando non ci sentiamo un po' orfani di Novembre. Non so voi. Ma io sono più pronta ad affrontare l'autunno. Non la bolgia di agosto. Quest'anno.
Anche perché, l'estate ha quel gusto di interruzione di cui non avverto un gran bisogno dal 2020. Ha quel gusto di festa, di cui non c'è ancora motivo. E per certi versi ha anche quello strazio de La bella estate.
L'estate è un po' sempre uguale a se stessa o siamo noi che siamo sempre gli stessi. E solo certe comitive ce la fanno vivere. In genere c'è un pallone, un motorino, un bacio sfiorato a renderlo troppo breve quell'agosto. Troppo breve da dimenticare. Troppo lungo per aspettare che ritorni tutto uguale l'anno successivo. E dal 2020 questo concetto che prendo in prestito dai testi sessantottini di Venditti, lo dedico a quell'ottobre, novembre, senza cinema.
In un anno in cui c'è più voglia di amare (le città che corrono) che di spiaggie. E penso agli studenti con più bisogno del compagno di banco che del vicino di ombrellone.
E poi i bonus. Che incubo.
Devo ancora recuperare i voucher dei voli non volati, utilizzare le caparre dei viaggi non viaggiati.
Certo, si dirà, è per altri gruppi di popolazione. Ma a loro penso. Vorrebbero la certezza di un autunno lavorativo per i figli in un Paese più sicuro.
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