Wendy Addison aveva tutto: un figlio, una bella carriera, un bell’ufficio, un attico con vista a Johannesburg. Era l’unica donna tra i top manager dell’azienda dove lavorava ormai da nove anni, un ruolo di responsabilità e prestigio in un ambiente maschile.
Finché un giorno le chiesero di trasferire in un conto all’estero delle cifre troppo alte per non essere sospette. Pensando di fare la cosa più normale del mondo, andò a parlarne con gli amministratori delegati, forse aveva capito male? E invece aveva capito benissimo, e altrettanto chiare erano le minacce, nemmeno troppo velate. Doveva farsi i fatti suoi se non voleva perdere il lavoro.
Ma Wendy, anche se aveva paura delle conseguenze, non poteva farsi i fatti suoi: era un’operazione illegale e la sua coscienza le impediva di stare zitta. E così decise di segnalare alle autorità quanto scoperto.
Nel giro di pochissimi giorni tutto quello che aveva temuto diventò realtà, e perse il lavoro. Questo era prevedibile. Non erano prevedibili invece le minacce di morte, gli appostamenti davanti alla scuola del figlio, la sensazione di insicurezza e pericolo costante. Per questo Wendy decise di andare lontano, lasciare il Sud Africa per ricominciare a Londra, dove era riuscita a trovare una buona offerta di lavoro in una grande azienda. Ma Wendy non sapeva che l’azienda inglese stava per acquisire quella sudafricana, e lei, che aveva scoperto e denunciato fatti gravi (e quindi era tecnicamente una “whistleblower”) era considerata una piantagrane. E quindi fu licenziata. Di nuovo. Nessuno la voleva assumere, e per un lungo periodo Wendy sprofondò nella disperazione. Senza lavoro, a un certo punto Wendy non riuscì a pagare l’affitto e si ritrovò con il figlio a vivere per strada. Peggio di così non poteva andare. Fu solo il suo senso di giustizia a darle la forza di rialzarsi, perché lei sapeva di aver fatto la cosa giusta a denunciare, e che erano gli altri, i corrotti, a doversi vergognare.
Raccontò la sua storia, ottenne attenzione e visibilità, e quando gli amministratori corrotti finirono finalmente in prigione, dimostrando così che lei aveva ragione, riuscì a ricostruirsi una nuova vita.
Oggi Wendy è un’affermata consulente: insegna alle aziende come prevenire la corruzione incoraggiando i dipendenti a segnalare abusi e irregolarità, e soprattutto a proteggere chi decide di parlare. Perché chi segnala, si fa carico dell’interesse collettivo, ma non è un eroe, è solo una persona che fa la cosa giusta, e non può e non deve essere lasciato solo.
A cura della farfalla della gentilezza
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